LA VOLIERA D'ORO
di Anna Castagnoli e Carll Cneut
Topipittori
E' da un po' che non scrivo di un libro
per l'infanzia. Non che non ne veda di bellissimi, non che non mi
ispirino pensieri o moti dell'anima. E' che ad un certo punto ho
sentito il desiderio di non pensarli più tanto. Di leggerli e basta.
Magari di leggerli in compagnia dei miei figli o dei bambini che mi
capitano a tiro.
Ma con “La voliera d'oro” mi è
proprio tornata la voglia di scriverne. Perché mi ha molto colpita.
Perché si è incastrato nella mia vita a perfezione, come quel
pezzettino del puzzle che non ve lo fa finire, ma che trovandolo vi
fa capire di esserci quasi, alla fine.
La storia è quella di Valentina,
principessa insopportabile che pur di avere nelle sue voliere gli
uccelli più strani, taglia teste come si mangiano ciliegie. Finché
un giorno sogna l'uccello che parla. Qualcuno riuscirà ad
accontentarla?
Il libro ha delle illustrazioni
strepitose di Carll Cneut che ti prendono e ti mettono dentro in quel
mondo lì, di meravigliosi esemplari alati e solitudine e orrore e
rabbia pure.
Subito nel leggerlo a me sono venute in
mente le nostre vacanze a Taormina in un caldo 15 agosto. Per
riposarci un poco, siamo andati nel parco comunale del borgo,
decorato da alte torrette, voliere, alberi secolari. Il giardino è
stato progettato da Florence Trevelyan, “short, unsmiling and
fairly plain” (bassa, seria e piuttosto semplice), inglese di
nobile stirpe che decise di dedicarsi al parco dopo la perdita
dell'unico figlio.
In quella pace rotta solo dal canto
delle cicale, m'immaginavo la donna nascosta nell'ombra in attesa di
avvistare un uccello di foggia particolare, sua grande passione.
Nelle voliere oggi vuote vedevo uccelli provenienti dai paesi più
lontani.
E leggendo “La voliera d'oro”
Valentina mi ha ricordato Florence e mi sono chiesta chissà se
questa passione per gli uccelli non fosse propria delle anime
solitarie e a tratti arrabbiate. Che imprigionano chi è fatto per
prendere il volo forse perché il loro volo non lo riescono più o
non lo riescono ancora ad immaginare. Ma la pace che dava quel
giardino era unica, e forse oggi lo è perché gli uccelli sono
volati via.
E allora nel finale aperto del libro,
io ci ho inserito il mio. Valentina ha capito. Ha capito che l'attesa
non è vero che non serve a niente. L'attesa dà delle risposte.
Perché alla fine, nulla rimane fermo.
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