20090420

ROSSO DENTRO ROSSO FUORI Alessandro di pietro

Alessandro Di Pietro nasce il 15 gennaio del 1987 a Messina. Frequenta l' I.S.A. Fausto Melotti di Cantù. Frequenta il primo anno di accademico, indirizzo grafica d' arte, presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze; l' anno successivo frequenterà il secondo anno ( grafica d'arte ) l'accademia di Brera a Milano.
Attualmente Alessandro Di Pietro vive e lavora a Como.
DESCRIZIONE
alessandro di pietro lavora su strati che siano nastri adesivi , retini o diapositive l'intento è quello di produrre un opera incisiva ma mai definitiva che non partecipi con violenza alla vita.il nastro è precario e traduce quella che per ogni cosa è la sua condizione.
i suoi lavori contengono spesso entità animali e ripetizioni, mai identiche, dello stesso soggetto in cui sia riconoscibile il genere di appartenenza ma mai l'uguaglianza assoluta tra gli elementi, questo viene definito apportando delle variazioni durante l'esecuzione(spesso procedimenti di stampa come la xilografia o stancil).la matrice in questi lavori viene inserita all'interno della griglia come a negare un' idea alta e generatrice facendo sì che si trasformi in stampa e che tutte le altre stampe diventino matrici.
i soggetti come è già stato detto spesso sono animali ma potrebbero essere piante pietre sedie proprio perchè è un principio che abbraccia tutta la realtà. un modo per tendere verso una visione meno antropocentrica della vita.
la ripetizione allude anche al continuo ritornare degli elementi durante periodi della nostra vita.
"La vendetta caotica dei simulacri nasce da un fallimento della rappresentazione e dalla perdita del senso dell'identità: L'identico ed il somigliante non sono altro che simulazioni, come effetti del gioco delle differenze."
Simone Frangi
Opere di ALESSANDRO DI PIETRO
dal 18 aprile al 16 maggio 2009
[Aprile 2009]


Carrying the wolf
Note di lavoro su Alessandro di Pietro

di Simone Frangi
L'animale nella sua interezza soffre

quando i suoi organi cessano di essere animali
G. Deleuze
I
Molteplici ed anonimi. 60 monotipi dall’apparenza innocua, ripetuti sempre uguali, ogni volta segretamente differenti. Il pensiero del lavoro è "nomade", traccia nell’immobilità delle figure e delle loro pose la storia di un divenire. Gli animali di Di Pietro sembrano piccole “macchine felici” che sussurrano una lezione sulla propria identità. Ovvero sull’identità umana.
[non sono più tanto solo...vedo altri due o altri due me?]
Essere uno allora, ma in infinite variazioni: l'enigmaticità di un transito, di un continuo traghettamento verso territori brulli. E la disgregazione dell’enorme massa dell’individuo. Come i corpi animali, anche i volti umani si ripetono, si moltiplicano sdoppiandosi, compaiono nella medesimezza di ciò che è altro. Cercare di essere “tutt’uno” non è altro che fare i conti con l'autonomia delle oggetti e dei corpi, che si emancipano e delirano. E solo in questo delirio c’è unità e identità.
[ciò che da forma è...una rete, un flusso,una collaborazione]
Formazione, individuazione. Un muoversi antilineare. Lo sdoppiamento della coscienza crea spaesamento: siamo senza paese, senza un luogo dove raccogliere tutte quelle membra minutamente diverse tra loro. L’uomo è schizofrenico, collettivo ed asimmetrico, disperde se stesso negli altri. Molti tratti, un unico diagramma per un’identità molteplice, che riporta il caos a delle “variazioni”.
[guardo all' interno e ... vedo le particelle che componevano il reticolo … ciò che sta fuori è lo stesso di ciò che sta dentro?]

Più radicale ancora: pensare il fuori senza il dentro. “Il doppio non è mai una proiezione dell'interiore, è al contrario un'interiorizzazione del fuori. Non uno sdoppiamento dell'Uno, ma un raddoppiamento dell'Altro. Non una riproduzione dello Stesso, ma una ripetizione del Differente" (G. Deleuze). E allora abbiamo anima? Forse, mai avuta; forse espirata. Ciò che resta è una “forma” animale.

II
Un disegno di scotch dipinto a ecoline. Un collage di gambe di equino e la legge di conservazione della materia. Na + H2O --> Na + H2 + OH. Formare è trans-formare. Di Pietro è un bricoleur: smontare e rimontare, assemblare e costruire. La molteplicità di piani dei collage, come dei “pensieri-territori”, dove l’uomo diventa animale. O meglio: dove l’uomo non è altro che un divenire animale. Uno spazio di condivisione: nessuno è arrivato prima, nè uomo nè animale.
[qualcosa si sta muovendo è un' aggregazione]
Che io sia sempre uguale a me stesso. Che io non sia altro che me stesso. Che nell’identico non ci sia negazione. Questi sono miti, semplici abitudini. L’Altro è gregario rispetto al medesimo. “Dove c’è stato l’ego ci sarà identificazione” (A. Breton). Ma di questa possibilità non siamo troppo sicuri… IO?
[come al solito sono io, ma questa volta è anche qualcosa d'altro]
L’uomo è refrattario a riconoscere le sue forme ibride, mai concluse, mai proprie. Forme che non possiede. L’uomo è un "mentitore”, traccia barriere igieniche con l’animale. E non si accorge che, circolando infinitamente su se stesso, apre delle tangenti. Estraneità e “divenire-bestia”. Organizare un organismo.
[il grande animale che costituiamo non ci permette di farsi guardare tutto insieme]
Nella tassonomia antropologica di Di Pietro manca qualcosa. Manca lo sguardo assoluto. Io sono altro. La comunità degli altri-me è una ramificazione, un apparato circolatorio, un coagulo venoso. Un grande bestia che respira, un animale frammentato impossibile da guardare tutto intero.
[quello che conta, è che siamo in tanti]
Perchè tanti esemplari di un medesimo oggetto? Perchè insistere? Le grafiche seminano indizi, non modellano multipli. Su una carta che sembra noncuranza, pelli morbide da conciare, segnate dai marchi della stampa, trova spazio l’impossibile esaurimento di un soggetto. “Printmaking is a generous process, is a a forgiving medium” (Kiki Smith). Consumare una matrice è perdonare la presunzione di essersi dichiarati IO.

(click sull'immagine per ingrandire)

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