20150127

SI SENTE? di Paolo Nori - Recensione di SARA MERIGHI






Io non sono mai stata ad Auschwitz, non ancora.
Ma ho letto una quantità di libri: "Se questo è un uomo" e' stata la mia porta di ingresso in un campo di concentramento, "Maus" mi ha mostrato un Block, poi "Dossier K" di Kertesz, " La banalità del male" della Arendt, "La notte" di Wiesel, "Nei suoi occhi verdi" di Lusting, "Raccontami un altro mattino" di Zdena Berger, ciascuno contiene lo stesso orrore, però diverso da scrittore a scrittore.
Paolo Nori, per sua stessa ammissione, invece, sino a quando non è stato invitato a salire su "Un treno per Auschwitz", dei campi di concentramento non ne sapeva molto. "Io non ne avevo voluto sapere, dei campo di sterminio, ogni volta che vedevo un'immagine che si riferiva a quel mondo li' voltavo proprio le spalle, quando vedevo dei fili spinati, dei campi di sterminio (...)".
Come entrare in un canile, come fermarsi a scambiare due chiacchiere con chi e' ai semafori, come andare a lavorare per un'associazione umanitaria, come dare un euro a chi lo chiede. Il solo modo per capire il dolore è avvicinarsi.
Dall'avvicinamento, anzi dalla visita, dei campi di Auschwitz e Birkenau, nascono questi tre discorsi, letti da Paolo nel 2009, 2011 e 2013 a Cracovia in occasione del Giorno della Memoria.
I discorsi iniziano tutti in modo leggero, un po' depistando, prendendo l'argomento un po' da lontano, con il suo modo di scrivere che accorcia subito le distanze tra te che leggi o ascolti e lui.
"  (...) una delle mondine alla fine a Cracovia, nel 2010, non subito, il giorno dopo, mi aveva detto che all'inizio pensava che io fossi un deficiente, perché le sembrava che leggessi delle stupidate in un posto dove di stupidate era meglio non dirne, dopo alla fine, mi ha detto, ho capito anche l'inizio". 
Proprio quella deI deficiente e' la condizione migliore per entrare in un campo di concentramento, la condizione di chi non sa niente, non ha letto niente, che ascolta i racconti della guida, vede ciò che rimane delle baracche, dei forni, con lo stupore, l'emozione e la compassione.
Attraverso racconti personali, fatti storici, citazioni di libri, Paolo Nori fa riflettere sul fatto che ad Auschwitz, a Birkenau, il male sia arrivato ad un livello insuperabile ma che, in realtà, lo stesso male, lo troviamo tutte le volte che le persone non hanno la capacità di opporsi al dominante atteggiamento razzista, quando non hanno la capacità di disattendere ad ordini che provocano dolore, quando non capiscono che l'unica vendetta auspicabile è di lasciare chi ha provocato dolore a contatto con se stesso.
E forse uno dei modi migliori di contrastare questo male e' di mantenere, sempre, tutta la vita, la voglia di ribellione e l'energia dei bambini e lo stupore dei deficienti.

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