20150228

CHE NE DICI DI BACIARCI? di Rayk Wieland - Keller Editore Recensione di Sara Merighi

A pensarci adesso, a quasi 25 anni di distanza, sembra tutto assurdo. Assurdo che proprio quando l'Europa stava lasciandosi alle spalle tutta quella guerra, possa essere accaduto qualcosa di talmente irreale. Ma la rabbia per ciò che i nazisti avevano provocato e la probabile mancanza di lungimiranza del governo, fece si' che la Russia, nel 1960, decise che un Muro era l'unica soluzione. D'altronde, non posso negare sia anche la mia soluzione favorita, quando sono molto arrabbiata: alzare un muro sembra sempre risolvere un sacco di problemi. Più o meno così nacque la DDR " Uno stato al posto sbagliato al momento sbagliato, dotato prevalentemente di personale sbagliato e circondato da nemici sbagliati. E concepito anche male. E capito peggio".
W., il protagonista di "Che ne dici di baciarci" di Rayk Wieland, in questa assurdità ci è nato e ci cresce, giovane, incosciente, innamorato di una ragazza di Berlino Ovest, non rendendosi conto di essere spiato, analizzato, sin dagli anni della sua adolescenza. Negli anni '80, fortunatamente la situazione è meno pericolosa e taluni organismi dello Stato meno severi e il giovane W., consapevole di vivere in una società che è una farsa, cerca farsescamente di adeguarsi, in attesa di una qualche risoluzione. Che arriva, più per un movimento entropico che per una scelta consapevole di chi governa, il 9 novembre 1989.
Solo vent'anni dopo, quando il muro sembra non sia neanche esistito, W. viene, per caso, in possesso del fascicolo dove il tenente Schnatz della Stasi aveva puntigliosamente trascritto, raccolto, catalogato, psicanalizzato le sue giovanili poesie d'amore, reputandole " funzionali allo svilimento dell'ordinamento statale e sociale e che si collocano inequivocabilmente al limite della rilevanza penale" involontariamente salvandole, suo malgrado, ad un naturale oblio e riportando W., come un viaggio nel tempo, a quell'irreale Paese, senza colori, senza emozioni, senza possibilità di viaggiare, senza cose da comprare, senza niente da realizzare, ma pieno di persone da controllare. "Nella DDR si controllava volentieri e con perseveranza. Se i paesi avessero le nevrosi, si potrebbe dire che la DDR soffriva di un disturbo ossessivo compulsivo cronico di controllo".
Dopo anni di rimossione, W. o probabilmente Wieland, ripercorre con amarezza e ironico stupore, attraverso le notazioni del tenente Schnatz, gli anni dell'università, del suo amore per Liane, le frequentazioni di bische che il regime faceva finta di non vedere e dove la gente si sfogava giocando d'azzardo, i pericolosi giochi in auto, la notte della caduta del muro e quanto accaduto subito dopo. 
Sebbene la realtà raccontata sia la stessa che abbiamo visto nei film " La vita degli altri" e "La scelta di Barbara", forse solo un po' meno pericolosa, la scrittura divertente e dissacratoria di Rayk Wieland e la traduzione che ne ha mantenuto tutte le sfumature, riesce, senza sminuire l'assurdità umana, a raccontare come i regimi più sono duri e fuori dalla realtà più, inevitabilmente, sono destinati a cadere nella ridicolaggine.
Sara Merighi

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