20141209

IL TRENO DELLA NOTTE di M. Amis - Recensione di SILVIA GEROLDI



Due donne agli antipodi. Jennifer. Giovane, bellissima, intelligentissima. Rapporto di coppia perfetto. Astrofisica in carriera. Solida famiglia alle spalle, il padre pezzo grosso in polizia. Mike. Di mezza età, nome, voce e aspetto da uomo, poliziotta con la scorza dura. Una relazione alla menopeggio, storie di alcolismo, violenza e abusi. Queste due figure femminili un po’ schematiche si conoscono, apparentemente persino si rispettano e c’è del bene tra loro.
La perfettina si suicida e il genere si innesca, nei suoi canoni ben rodati, perché sembra impossibile che Jennifer abbia motivi per decidere di morire.  Mike, con dolore, si trova ad indagare in tutti gli eppure possibili, perché c’è sempre un eppure a muovere gli intrecci dei noir. Ma questo è un libro di Amis, non un noirEppure il lettore ci casca.
A grattar via la superficie laccata saltano fuori sentimenti più umani e meschini, mescolati al bene. Per esempio il fastidio di Jennifer nei confronti delle persone problematiche, lei che sentiva il “dovere” di essere di buon umore. Oppure l’invidia latente di Mike – donna così rabberciata –  spettatrice di una bellezza naturale, sana, americana. In tutti i personaggi di questa storia, anche gli sfuocati protagonisti maschili, emerge l’incapacità di vedere l’altro e di riconoscerlo nella sua essenza. Dice Mike di Jennifer: “Non vedeva nemmeno un barlume di intelligenza in me? Non lo vedeva proprio? Non lo vede nessuno? Perché se mi togliete l’intelligenza, se togliete l’intelligenza dalla mia faccia, non mi lasciate gran che”. L’ultima parte del romanzo si intitola proprio “L’occhio che vede”. Ed è l’occhio umanissimo e in qualche modo risolutivo di Mike.
L’incapacità di vedere permea tutta la società, sembra dirci Amis. Uno dei motivi potrebbe essere l’abitudine ad un dolore predigerito e mediato. Tutto il libro è percorso da una riflessione metalinguistica, una critica al cinema, alla televisione e alla spettacolarizzazione del ruolo della polizia. Siamo una società che vive in un enorme film poliziesco, dove il sangue è pomodoro e la logica che spiega la morte è sempre perfettamente ricostruibile a ritroso. Siamo assuefatti, comodi. Attendiamo fiduciosi le spiegazioni e non ci interroghiamo, non guardiamo oltre. Siamo sempre disposti a farci condurre per mano dallo scrittore di genere, noi lettori, perché è facile e deresponsabilizzante.
Ma se lo scrittore prende a prestito un genere e lo riempie di altro, si resta un po’ sconcertati. Amis ci fa intravedere, ma sono istanti, quello che vede Jennifer l’astrofisica. E anche quello che non riesce a vedere. C’è la realtà spicciola e c’è l’abisso dell’universo. C’è la perfezione portata avanti fino alla fine e c’è l’umanità fragile. C’è l’illusione del controllo. Ed è qui che Amis si svela, si fa trovare.
***
Di Amis avevo iniziato L’informazione e London Fields. Entrambi abbandonati. Questo libro l’ho preso perché consigliato da una donna che stimo, pur non essendo appassionata del genere noir e poliziesco. Forse ho fatto pace con Amis, potrei riprovarci.

Riferimenti:
Il Treno della notte
di M. Amis
Einaudi

Recensione di:
Silvia, 41, scrive all'ombra (link http://stimadidanno.wordpress.com/) e da seduta (link https://measachair.wordpress.com/). Ultimamente la sintesi le dona (link https://haikusedutisottolaluna.wordpress.com/)

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