20150916

PADRE DI DIO di Martin Michael Driessen - Recensione di Valentina Pellizzoni

PADRE DI DIO
di Martin Michael Driessen
Del Vecchio Editore



Siamo all'inizio dei tempi.
Dio vive in una casa fatta a cubo.
Dio vive con Bartje, una governante che prepara la cena e tiene lontani gli angeli troppo insistenti. Bartje parla di città e negozi, ma Dio non li ha ancora creati, destabilizzando alquanto il Creatore anche se: “tutto quanto lei diceva aveva origine in Lui: un pensiero che lo rese infinitamente solo. Soltanto Dio può essere infinitamente solo, per quanto in futuro l'uomo sarebbe stato d'altro avviso.”
Dio decide di diventare uomo nei panni del pastore Datan e tra le mille occasioni che gli si propongono, naturalmente non manca nulla all'appello: “Dio esitò ancora. Andare a letto con le proprie creature era qualcosa che si addiceva più al folclore dei popoli pagani. Inoltre gli sembrava necessaria una certa competenza per copulare”. Ma Dio è Dio, ed è divertente vedere la sua reazione all'atto sessuale, di piacere misto a stupore per aver ideato una pratica così esaltante.
Certo è che Dio non incontra solo l'amore: anche la guerra, la morte, che lo portano a pensare che alla fine “avrebbe potuto fare del creato un semplice giardino fiorito”.
Come un'anima in pena, assistito dalla sua governante Dio decide di farsi uomo nella figura di Gesù e qui il libro svolta completamente. Emerge sempre più prepotente la figura di Giuseppe, padre quasi per scherzo, seguito dall'arcangelo Gabriele in sedute pre-psicanalitiche alla ricerca del senso di sé. Ma non basta. Giuseppe vuole strappare suo figlio dal destino orribile che lo attende, la morte sicura, precoce, violenta. E come un padre qual è, con pochi mezzi e senza alternative, con un amore immenso per questo figlio fragile eppur così forte, rapisce Gesù per depistare il suo destino.
Nell'amore di Giuseppe per il piccolo figlio, si snoda tutta la parte finale del libro. Un amore disperato, vien da dire, visto che tutti noi sappiamo il finale. Ma un amore così umano e tenero e sì, viscerale.
C'è una scena che mi ha molto colpito e commosso. Gesù e Giovanni si perdono giocando. Tutti sono molto preoccupati e alla fine, di notte, vengono trovati:
“Oh mio Gesù. Per un attimo Giuseppe pensa che suo figlio gli assomigli, per quando Dio solo sappia che è impossibile. E Gesù (… ) protende le mani e corre verso Giuseppe. Giuseppe gli mette una mano dietro la testa, rude, e lo preme a sé. Il viso di Gesù è spinto contro la sua cintura. La fibbia è grande quasi quanto la sua faccia e il puntale gli affonda nella guancia. Ma quando stringe le pieghe della veste di lana dura di Giuseppe si sente felice, e capisce che è sempre stato così e sempre lo sarà. Si addormenta lì dov'è.”
Il gesto dei padri è un gesto così, mi vien da pensare. Che abbracciandoti ti fanno un po' male da qualche parte. Che è il modo per tirar fuori le parole che non hanno. Che a te figlio piace quell'abbraccio con un gusto tutto diverso.
E' tanto umano il Dio di Driessen. E tanto umano quel padre che protegge il proprio figlio dal destino segnato. E tanto umano quel bambino che stretto tra le braccia del padre si sente felice.

Valentina Pellizzoni

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