“Scusi signorina, mi può
indicare un bel libro illustrato?” Domandona per cui serve sfoderare un sorriso
tuttodenti e ribattere - prendendo tempo - con un ulteriore: “Qual è l’età del
bambino a cui vorrebbe regalarlo, o è per lei?”.
“In verità ho diversi nipoti - mi dice, con sguardo
da satiro, un signore leggermente pingue e con ancora un barlume di lanugine
sulla cima della calotta cranica -. Vorrei semplicemente farmi conquistare dal
libro che mi mostrerà, o anche (perché no) dai diversi libri che mi vorrà far
vedere, per decidere a quale dei miei nipoti lo regalerò.”

Il signore me lo prende di
mano, se lo rigira sotto e sopra, osserva la copertina cartonata, se lo
sfoglia. Ma non mostra segni di entusiasmo sperticato.
“Non le piace?” chiedo con uno sguardo languido, da
povera signorinetta-entreneuse addolorata e contrita, per non aver azzeccato i
gusti dell’amabile signore bisognoso di servigi che le sta di fronte.

Ma anche questo libro pare, almeno al momento, non
superare l’esame e far urlare all’interlocutore: “Sì, è proprio quello che
avevo in mente!”.
“Mi scusi signorina, ma come è possibile capire se
si è di fronte a delle belle illustrazioni o meno?”
Come dire in modo gentile, ma carogna, visto quello
che gli ho proposto, che probabilmente non ho la più pallida idea di come debba
essere un disegno o un’illustrazione degna di nota.
“Effettivamente non ci sono, almeno per me, criteri
oggettivi per dire cosa sia ben fatto o malfatto. È il cuore che parla e che
risponde con un sussulto quando è ben sollecitato. Però posso mostrarle due
libri della stessa scrittrice, con disegni più o meno simili, e lei potrà dirmi
quali sono quelli belli e quelli brutti. Prendo dagli scaffali Che animale
sei? e Se covano i lupi di Paola Mastrocola. In copertina hanno
entrambi un’opera di Franco Matticchio. In uno Matticchio realizza anche quelli
all’interno: sono buffi, teneri, terribili, melodrammatici, insomma parlano con
la lingua del cuore. Nell’altro i disegni sono della stessa Mastrocola, forse
per risparmiare sulla parcella dell’illustratore o forse perché di fronte agli
animaletti striminziti e sgangherati di Matticchio scatta la famosa frase: Oh,
ma lo so fare anch’io.”
Li apre, ne gira le pagine, li confronta e il viso
gli si illumina: “Ma questi... sono scarabocchi, mentre gli altri... gli
altri... sono belli”.
“Ecco, sembrano simili, ma alcuni si possono
chiamare disegni, gli altri no!” ribatto io.
“Mi pare d’aver capito che quando il segno merita di
essere ricordato, si capisce: ha una certa personalità, si incide nella mente,
provoca estasi... sì, sì, sì... ho proprio capito. Quasi quasi, ora faccio da
me”.

Quel signore lo sfoglia, lo leggiucchia, ma... “Ma
non c’è nessun disegno”.
“Sì che ci sono i disegni. Solo che Cappuccetto
bianco si è mimetizzato con grazia tra le pagine bianche. Vede, anche quello
che non c’è può essere contemplato. Qui non c’è nessun segno eppure quelle
pagine stanno lì come fossero, e lo sono, zeppe di disegni bellissimi”.

“Alt! Stop! -
mi zittisce il signore -. Facciamo così: compro tutti i libri che mi ha
mostrato, me ne vado a casa e piano piano, senza strafare, me li esamino per
bene. Poi tornerò qui, sceglierò un volume illustrato tra quelli che avete in
libreria, glielo farò vedere e sono sicuro che piacerà anche a lei.”
“Anzi, se sarà di mio gradimento, in premio le
regalerò un vecchio romanzo per ragazzi, purtroppo non più in commercio, L’aiutante
del diavolo, pubblicato da Mondadori. È una intrigante storia di Horowictz,
ma i disegni di Alberto Rebori sono indimenticabili: SONO CRUDELI, SGRAZIATI,
GRAFFIATI CHE PIÙ BELLI NON SI PUÒ”.
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